Bruxelles – La Corte di giustizia dell’Ue intervenga per fermare l’erosione della democrazia in Ungheria. È l’appello fatto da un gruppo di eurodeputati al termine della loro missione nella capitale magiara, dove appena qualche giorno fa si sono accese le proteste di piazza contro l’ennesima stretta sui diritti civili voluta da Viktor Orbán, il premier autoritario che ha da poco modificato la Costituzione per restringere le libertà della comunità Lgbtq+.
La delegazione della commissione parlamentare per le Libertà civili, la giustizia e gli affari interni (Libe) ha concluso ieri (16 aprile) la sua visita a Budapest, durante la quale ha potuto osservare direttamente dal campo il deterioramento delle norme democratiche nel Paese mitteleuropeo incontrando sia rappresentanti della società civile sia funzionari governativi.
Tirando le somme della missione di tre giorni, l’ambientalista olandese Tineke Strik (relatrice dell’Aula di Strasburgo sullo Stato di diritto in Ungheria) ha ammonito che gli sviluppi da lei stessa testimoniati stanno andando “rapidamente nella direzione sbagliata”. “Desideriamo ardentemente che questo Paese torni a essere una vera democrazia“, ha aggiunto, “perché pensiamo che i cittadini ungheresi debbano godere degli stessi diritti e valori di tutti noi nell’Ue”.
Our mission to Budapest learned us about the ever deepening rule of law crisis in Hungary. Sad about the further crack down on judges, journalists, LGBTIQ community, NGO’s.
But deeply motivated to fight for their rights. https://t.co/0KUEDf1zh6 pic.twitter.com/O7LiPWnzUH
— Tineke Strik (@Tineke_Strik) April 16, 2025
La squadra, composta da cinque deputati, era arrivata nella capitale ungherese lo scorso 14 aprile, proprio nel giorno in cui l’Assemblea nazionale (il legislativo monocamerale magiaro) ha approvato un controverso emendamento costituzionale che consente al governo di bandire qualunque manifestazione in supporto della comunità Lgbtq+, a partire dal Budapest Pride, dando peraltro carta bianca alle forze dell’ordine per ricorrere a tecnologie di sorveglianza biometrica come il riconoscimento facciale.
Dopo aver assistito alle partecipate proteste contro il voto dell’Assemblea, i membri dell’Eurocamera hanno chiesto alla Commissione di adire la Corte di giustizia dell’Ue (Cgue) perché sospenda l’effetto delle nuove norme in attesa di “ulteriori azioni legali”. In questo momento, ha avvertito Strik, organizzatori e partecipanti del popolarissimo evento “rischiano di essere incriminati per aver marciato pacificamente a sostegno della diversità, dell’uguaglianza e della libertà”.
Per il socialista polacco Krzysztof Śmiszek, le modifiche normative contribuiscono a creare “un’atmosfera molto ostile” per la comunità Lgbtq+, che si sta già traducendo in un “aumento di attacchi fisici e violenti e ad altri tipi di crimini d’odio“. Il suo connazionale cristiano-democratico Michal Wawrykiewicz ha puntato il dito contro un “indiscutibile deterioramento della situazione” nel Paese, dove si assiste ormai ad “un’aperta negazione dello Stato di diritto“. L’ex premier belga Sophie Wilmès ha espresso forte preoccupazione per le pressioni dell’esecutivo sui pochi media indipendenti rimasti, spiegando che la cattura dell’informazione da parte del governo di Viktor Orbán ha reso le campagne diffamatorie “la nuova norma” in Ungheria.

Tutti gli eurodeputati hanno anche denunciato la “retorica molto aggressiva” dei funzionari statali nei confronti della delegazione Libe, di cui non facevano parte esponenti delle destre radicali dell’emiciclo di Strasburgo (Conservatori, Patrioti – di cui fa parte Fidesz, il partito di governo – e sovranisti). Per le strade della capitale sono comparsi cartelloni propagandistici in cui erano ritratti i volti di Strik e di altri politici europei che starebbero cospirando dietro le quinte per sabotare l’Ungheria. Tra questi, il capo dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, e il leader del Partito popolare europeo, Manfred Weber, che nel 2021 ha espulso Fidesz dai ranghi dei cristiano-democratici e che ora non perde occasione per sferzare l’ex alleato.
Il 15 aprile, mentre la missione era ancora in corso, la Casa Bianca ha annunciato la revoca delle sanzioni contro Antal Rogán, uno stretto collaboratore del premier magiaro, definendole “incoerenti con gli interessi di politica estera degli Stati Uniti”. Le misure restrittive erano state imposte da Joe Biden negli ultimi giorni della sua presidenza, lo scorso gennaio, per presunta corruzione.
Del resto, la salute della democrazia ungherese è da diversi anni oggetto di intenso dibattito politico in Ue, con l’Europarlamento che si è sempre distinto tra i più strenui critici dell’autoritarismo orbaniano (che il diretto interessato definisce orgogliosamente “illiberalismo“). Negli ultimi tempi, sembra essere cresciuta l’insofferenza delle cancellerie nei confronti dell’uomo forte di Budapest, soprattutto a causa della sua vicinanza al presidente russo Vladimir Putin che spesso si traduce in veti (finanche temporanei) sia sulle sanzioni a Mosca sia sul sostegno a Kiev, ostacolando l’azione dei Ventisette.