Bruxelles – Frammentazioni, ritardi, scelte politiche, e poi anche resistenza tra i più giovani: gli ostacoli per l’industria della difesa sono tanti, e tutti diversi. Alcuni sono più strutturali, di lungo corso, altri sono tutti nuovi, e su tutti c’è del lavoro da fare per un impegno a trecentosettanta gradi. Ecco il vero grado di difficoltà per lo sviluppo della base industriale europea per la tecnologia della difesa, come messo in luce in occasione dell’edizione 2025 dello European defence and security summit. Un aspetto tutto nuovo è la ‘resistenza’ delle giovani leve.
“Abbiamo il problema dei talenti”, riconosce José Vicente de los Mozos, presidente e amministratore delegato di Indra. “Molte persone non vogliono lavorare nella difesa. Convincere i giovani è un’impresa titanica“, ammette, sottolineando che la questione non riguarda solo l’azienda spagnola, bensì è “generalizzata in Europa”. Non è una questione di interessi diversi o di mancanza di voglia. Come spiega a Eunews a margine del summit, “i giovani sono molto motivati a lavorare nel settore tecnologico, ma non tutti sono aperti a lavorare per il mondo della difesa“.
Anti-militarismo e obiezione di coscienza? Per il numero uno di Indra il problema sta nella non sufficiente conoscenza del mondo industriale della difesa. “Bisogna spiegare in modo più dettagliato cos’è l’industria della difesa, che non c’è solo l’ambito militare” in senso stretto, e per questo “bisognare lavorare con le università“, così che i giovani talenti, terminati gli studi, possano dirigersi verso quel settore divenuto sempre più strategico.
La questione ‘giovani’ si intreccia poi con il nodo più europeo, quello di essere un’unione di Stati: “In Europa abbiamo 17 tipi diversi di carrarmati, e non possiamo cambiare questo in breve tempo”, ricorda e lamenta de los Mozos, in un chiaro invito a una integrazione della difesa.
L’invito è chiaramente per la politica, che però fa fatica a pensare europeo, ammette l’europarlamentare François-Xavier Bellamy (Ppe), già relatore per la proposta di regolamento per il programma a favore dell’industria europea della difesa noto come Epid. “Sei mesi fa, quando ai governi nazionali si diceva di investire per il programma Edip in aziende europee è stato un’impresa”, riconosce il deputato europeo. Eppure, riconosce, è “talmente anti-intuitivo” ragionare in modo non-europeo di fronte alle sfide che l’Ue è chiamata ad affrontare, critica.