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    Home » Politica Estera » Medio Oriente: mentre Bruxelles chiede “moderazione”, l’Iran colpisce una base Usa in Qatar

    Medio Oriente: mentre Bruxelles chiede “moderazione”, l’Iran colpisce una base Usa in Qatar

    Ennesima evoluzione nel Golfo Persico con la rappresaglia di Teheran contro gli asset a stelle e strisce nella regione. La diplomazia comunitaria rimane incapace di assumere un ruolo decisivo per ricomporre la crisi

    Francesco Bortoletto</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/bortoletto_f" target="_blank">bortoletto_f</a> di Francesco Bortoletto bortoletto_f
    23 Giugno 2025
    in Politica Estera
    Gli attacchi israeliani su Teheran colpiscono il carcere di Evin, il 23 giugno 2025 (foto: Nikan/ Middle East Images via Afp)

    Gli attacchi israeliani su Teheran colpiscono il carcere di Evin, il 23 giugno 2025 (foto: Nikan/ Middle East Images via Afp)

    Bruxelles – All’indomani dei bombardamenti condotti dagli Stati Uniti contro gli impianti nucleari iraniani, i ministri degli Esteri dei Ventisette si sono riuniti per esortare nuovamente tutte le parti alla de-escalation e alla diplomazia. Alla fine dell’incontro, mentre l’Alta rappresentante Kaja Kallas non riesce a condannare le azioni militari di Washington e Tel Aviv in Medio Oriente, da Teheran è partita la rappresaglia diretta contro una base Usa in Qatar.

    Accanto alla revisione dell’accordo di associazione Ue-Israele, a tenere banco durante il Consiglio Affari esteri svoltosi oggi (23 giugno) a Bruxelles è stata soprattutto l’aggravarsi della crisi mediorientale, scatenata dallo Stato ebraico con l’aggressione dello scorso 13 giugno. Ai bombardamenti statunitensi sui siti nucleari iraniani avvenuti nel weekend, si sono aggiunti in giornata nuovi attacchi israeliani all’impianto sotterraneo di Fordo, costruito sotto le montagne a sud di Teheran, e contro altri obiettivi nella Repubblica islamica.

    Donald Trump
    Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Brendan Smialowski/Afp)

    Mentre questo articolo viene pubblicato, le agenzie di stampa internazionali stanno segnalando esplosioni di missili iraniani in Qatar, in direzione della base aerea statunitense di Al Udeid, nei pressi di Doha. L’attacco è stato rivendicato dalla Repubblica islamica come “una risposta potente e vincente delle forze armate iraniane all’aggressione americana”, ma si è trattato di un’azione simbolica per soddisfare la necessità di compiere una rappresaglia contro il bombardamento di domenica. Il presidente Donald Trump avrebbe ricevuto una telefonata di preavviso da Teheran.

    Eppure Bruxelles non riesce a richiamare né Washington né Tel Aviv alle loro responsabilità, anzi nemmeno a nominarle. “La nuova guerra è uno sviluppo pericoloso e le recenti azioni militari acuiscono le tensioni“, ha osservato Kaja Kallas al termine della riunione (conclusasi prima che partissero gli attacchi iraniani contro le basi Usa), notando che “le azioni militari sono sempre cariche di rischi e incertezze e quello che importa ora è minimizzare i rischi di escalation“.

    Il capo della diplomazia comunitaria si è tuttavia ben guardata dal condannare chi quelle azioni le sta conducendo da una decina di giorni, mettendo letteralmente a ferro e fuoco il Medio Oriente. Incalzata dai giornalisti su come l’Ue intenda agire concretamente per mettere pressione su Israele o gli Stati Uniti, oltre che sull’Iran, affinché si facciano tacere le armi e si dia spazio ai negoziati, Kallas si è nascosta dietro un vuoto giro di parole, assicurando che “stiamo parlando a tutti i partner regionali“, inclusi gli Usa, per segnalare che “quest’escalation non beneficia nessuno“.

    Kaja Kallas
    L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: Consiglio europeo)

    A sentire l’Alta rappresentante, dalla riunione odierna è emerso “un ampio consenso tra gli Stati membri sulla necessità di continuare le discussioni con l’Iran perché la diplomazia è l’unica strada per raggiungere un accordo” e arrivare ad una composizione politica della crisi, che nel frattempo peggiora di ora in ora. Pertanto, assicura, “rimaniamo sicuramente in contatto” con la leadership della Repubblica islamica.

    Per il momento, gli sforzi negoziali della diplomazia europea non hanno portato ad alcun risultato. Lo scorso 20 giugno, Francia, Germania, Regno Unito e Ue – i membri europei del Joint comprehensive plan of action (Jcpoa), l’accordo del 2015 sul nucleare di Teheran, moribondo da quando Trump ha ritirato gli Usa nel 2018 – hanno incontrato a Ginevra il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, per cercare di riavviare il dialogo sulle velleità atomiche degli ayatollah.

    Ma quella timida iniziativa diplomatica (l’unica mai tentata dall’inizio della guerra) si è infranta contro la pioggia di ordigni anti-bunker rovesciata nelle ore successive dal Pentagono sugli stabilimenti di Fordo, Natanz e Isfahan. Da allora la Repubblica islamica ha irrigidito la propria posizione, rifiutandosi espressamente di sedersi al tavolo delle trattative sia con Israele sia con gli Stati Uniti (i suoi due più acerrimi nemici, che definisce notoriamente “piccolo Satana” e “grande Satana”).

    Vladimir Putin Abbas Araghchi
    Il presidente russo Vladimir Putin (sinistra) accoglie al Cremlino il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi (foto via Imagoeconomica)

    Araghchi si è recato oggi a Mosca, dove ha avuto un faccia a faccia con Vladimir Putin. Al termine del loro colloquio, l’inquilino del Cremlino ha riaffermato il sostegno della Russia all’alleato mediorientale, osservando che “l’aggressione assolutamente immotivata” degli Stati Uniti contro l’Iran “non ha alcuna base né alcuna giustificazione” e lamentando il mancato preavviso da parte dell’amministrazione a stelle e strisce.

    Una visione diametralmente opposta a quella espressa, sempre in giornata, dal capo della Nato Mark Rutte. Alla vigilia dell’importante summit dell’Aia, dal quale dovrebbe arrivare il disco verde dai membri dell’Alleanza all’aumento delle spese militari al 5 per cento del Pil (con l’unica eccezione, forse, della Spagna di Pedro Sánchez), l’ex premier olandese ha detto di non ritenere che “quello che hanno fatto gli Stati Uniti vada contro il diritto internazionale”.

    Linea condivisa anche dal cancelliere tedesco Friedrich Merz, secondo il quale “non c’è ragione di criticare quello che l’America ha fatto durante il weekend“. “Certo, non è senza rischi” a livello di potenziali conseguenze, ha concesso, “ma lasciare le cose com’erano non era un’opzione“.

    Tags: Abbas Araghchicrisi medio orientedonald trumpguerra Israele-IranIrankaja kallasstati uniti

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