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    Home » Economia » Per il 5G servono gare accessibili e limiti più alti per le emissioni elettromagnetiche

    Per il 5G servono gare accessibili e limiti più alti per le emissioni elettromagnetiche

    Sono le richieste degli operatori emerse dal dibattito sulle connessioni di quinta generazione organizzato a Roma da Eunews

    Domenico Giovinazzo</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@giopicheco" target="_blank">@giopicheco</a> di Domenico Giovinazzo @giopicheco
    7 Maggio 2018
    in Economia

    Roma – Per sviluppare la rete 5G servono gare accessibili, magari con lo spacchettamento delle frequenze in slot più piccoli, una revisione al rialzo dei limiti sulle emissioni elettromagnetiche e regole chiare che favoriscano la condivisione di investimenti e infrastrutture tra i vari player. Sono alcuni degli elementi che emergono dall’incontro sulla connettività di quinta generazione organizzato oggi a Roma da Eunews.

    È Andrea Lasagna, tecnology officier di Fastweb, a illustrare alcuni dei problemi da risolvere per sviluppare la rete di quinta generazione in Italia. “È importante che lo spacchettamento delle frequenze” da mettere a gara per i servizi 5G “sia simile a quello proposto dall’Agcom”, sottolinea Lasagna davanti al relatore direttamente interessato, Antonio Nicita, commissario dell’Autorità garante per le comunicazioni. Il punto è “permettere a tutti di partecipare”, dice, e allora si potrebbe pensare a “slot un po’ più piccoli”, in particolare per le frequenze tra i 3.600MHz e i 3.800MHz. Inoltre, prosegue, servirà “condivisione” tra gli operatori e gli altri attori del mercato dei servizi 5G. Bisognerà condividere investimenti, ma anche infrastrutture e le stesse frequenze, indica. A tal proposito suggerisce: “Vorremmo che chi acquisisce frequenze sia obbligato in qualche modo a condividerle”.

    Richiesta verso la quale Nicita si mostra disponibile a valutare “un approccio del tipo ‘o le usi o le affitti’”. Sono “aspetti che stiamo tenendo in considerazione”, rivela, ma che vanno conciliati con il diritto, per chi se le aggiudica, di usare le frequenze in esclusiva se non ne ha in eccesso. “Stiamo cercando di mettere tutto insieme e non è semplice”, confessa il commissario. “Dobbiamo favorire forme di cooperazione tra operatori”, aggiunge, “e noi possiamo aiutarli su questo per condividere non solo lo spettro ma anche le infrastrutture, gli investimenti e tutta la parte relativa ai permessi”.

    Un altro aspetto problematico è legato al fatto che “serviranno molte antenne” per coprire tutto il Paese con la rete 5G, e per installarle “serviranno nuove regole”, avverte Lasagna. Il dito è puntato sui limiti per le emissioni elettromagnetiche quelle “italiane sono troppo restrittive” per il manager di Fastweb. Un punto sul quale conviene Paolo Romano, deputato del Movimento 5 stelle, che punta a rassicurare i cittadini, perché “molti hanno paura di queste radio frequenze, ma se guardiamo al resto d’Europa”, dice, i limiti sono più alti e ci si può allineare. “Mantenere limiti bassi vuol dire mettere molte più antenne, investimenti più costosi ed emissioni più alte per i dispositivi”, sostiene, perché per captare un segnale più debole dovrebbero usare ricevitori più potenti.

    “Coprire l’Italia con la rete 5g costerà tra i 50 e i 60 miliardi di euro”, stima Roberto Viola, direttore della Dg Connect della Commissione europea. Nelle possibili aree a fallimento di mercato, dove i privati non hanno interesse a investire, Bruxelles sta “ragionando su una nuova generazione di incentivi” per evitare che si creino aree scoperte. L’idea è di individuare una soluzione a quella dei voucher che l’esecutivo comunitario mette a disposizione dei sindaci per diffondere il wi-fi. Per “rendere il conto degli investimenti meno salato”, anche dove ai privati conviene investire, serve una “condivisione di infrastrutture tra operatori del settore”, segnala Viola assicurando che la cosa “verrà favorita dalle regole europee”. Ad esempio, prosegue, nel settore della viabilità autostradale “si può pensare che un solo operatore all’ingrosso possa fornire la connettività per un’autostrada” a coloro che poi venderanno i servizi agli utenti finali.

    Per capire l’entità della partita sul 5G è utile dare uno sguardo globale con l’ausilio del mobility report presentato a novembre da Ericsson, compagnia che punta forte sulla connettività di quinta generazione. La stima è che al 2023 ci saranno oltre 9 miliardi di connessioni e 31 miliardi di oggetti connessi. Per questo “per una città avere una rete 5g completamente sviluppata significa sviluppo economico, vuol dire attrarre investimenti”, dice Riccardo Mascolo, responsabile Strategie e sviluppo dell’azienda svedese.

    Tra i 22 partner industriali con cui Ericsson collabora in tutto il mondo per le sue sperimentazioni sul 5G c’è Scania. La compagnia che produce mezzi pesanti sta lavorando a “veicoli connessi che viaggiano in plotone”, riferisce Paolo Carri, direttore business support and development dell’azienda. Il primo camion dirige anche gli altri come fossero dei vagoni di un treno e “si può viaggiare insieme a distanze molto ridotte, con un risparmio sui consumi anche del 15%” grazie all’effetto scia, riporta Carri. “Nella road map di questo progetto”, aggiunge, “c’è che l’autista possa essere non più necessario”.

    Guida autonoma, veicoli connessi e la mobilità in genere costituiscono le principali applicazioni del 5G negli esperimenti Pilota avviati in diversi paesi europei. In Svezia, ad esempio il governo ha lanciato Drive Sweden, progetto diretto da Jan Hellaker che lo ha descritto alla platea di Eunews. L’idea è di considerare il servizio mobilità nel suo complesso e, grazie alla tecnologia, integrare i vari mezzi di trasporto per fornire di volta in volta la combinazione migliore. Per spostarsi, in futuro, i tempi di latenza saranno ridotti al minimo, prevede l’esecutivo di Stoccolma, al punto che non saranno più necessari i parcheggi, prefigura Hellaker, perché un’auto verrà a prenderci proprio quando ne abbiamo bisogno, e una volta completato il nostro viaggio andrà a trasportare qualcun altro.

    Sempre sulla mobilità c’è l’esperienza olandese descritta da Caspar De Jong, manager del programma del ministero delle Infrastrutture di Ambsterdam. L’esperienza, fatta in partnership pubblico-privato, riguarda 50 città, 8 provincie, 2 autorità dei trasporti e coinvolge 20 compagnie private per realizzare un servizio di mobilità che punta a essere “più sicuro, sostenibile a livello ambientale e più economico”. Il punto di arrivo, spiega il funzionario del governo olandese, prevede anche autobus senza guidatore e container che viaggiano grazie alla guida autonoma.

    Gunnar Soderholm, titolare delle deleghe all’Ambiente e salute della città di Stoccolma, ha indicato la filosofia seguita dalla capitale svedese per il loro progetto pilota: “testare il 5g sulla base di una collaborazione con i player di mercato e le accademie, per creare nuove soluzioni per la mobilità”. Soluzioni verso le quali c’era scetticismo tra i suoi concittadini, confessa, ma che hanno dimostrato di funzionare. Come l’imposizione di una tassa di accesso alla città, realizzata grazie a una tecnologia che monitora tutti gli ingressi e le uscite, per poi mandare il conto ogni mese ai cittadini sulla base dei loro accessi con l’auto alle strade cittadine.

    “Mobilità a industria 4.0 sono priorità” anche nella Capitale italiana, spiega l’assessora capitolina Flavia Marzano. La titolare delle deleghe a Roma semplice aggiunge però che la Città eterna “non può dimenticarsi del turismo”. Per questo il progetto pilota realizzato insieme con Fastweb riguarderà proprio i servizi turistici. Lasagna, il manager dell’azienda, stava per farsi sfuggire delle anticipazioni, ma alla fine ha rivelato solo che l’iniziativa dovrebbe vedere la luce entro il 2018 e sarà “un primato a livello europeo”.

    Photo credit Alice Di Persio
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