Le discariche più grandi del mondo sono negli oceani. L’artista Finucci proclama Stato l’isola di rifiuti
Nella costituzione della Garbage State Federation è scritto di credere “nella totale supremazia dell’immondizia sul genere umano”. L’alternativa che resta a noi esseri viventi, intanto, è solo di sperare che presto saremo in grado di gestire I nostri stessi rifiuti, senza prima esserne sommersi.
Il Garbage Patch State è uno Stato fittizio, inventato, però, per mettere in luce problemi reali. Nemmeno Maria Cristina Finucci, ideatrice della complessa opera d’arte, fino a qualche tempo fa sapeva dell’esistenza del cosiddetto Garbage Patch, ma non appena scoperto “non ha più smesso di pensare a quel disastro ecologico” e ha deciso di coinvolgere più persone possibili per cercare di porvi un rimedio.
Anche conosciuto come Pacific Trash Vortex, è uno di cinque immensi agglomerati di rifiuti inorganici, che, tramite il movimento delle correnti marine, si sono raggruppati sulla superficie di diverse aree dell’oceano. La più estesa e più famosa si trova tra la California e le isole Hawaii. Pochi sanno, però, che esistono o di cosa si tratta, eppure, chi ha avuto occasione di vederne una di persona, come il capitano Charles Moore, la definisce: “la discarica più grande del mondo, grande più del Texas”. Altro che uno Stato, anche due: è quasi il doppio dell’Italia.
Sono vere e proprie isole di rifiuti, per lo più di plastica, delle quali, però, l’opinione pubblica non sente mai parlare. Così, l’archittetto, designer e artista, Maria Cristina Finucci, ha deciso di renderle famose, tramite l’arte e un po’ di ironia.
Su internet, come racconta lei stessa, di materiale scientifico a riguardo se ne trova a sufficienza, ma pochi lo leggono e il motivo potrebbe essere che, in fondo, tra numeri e dati, cala l’interesse e sale la noia. “L’arte, però, ha un effetto diverso: può con la potenza delle immagini e delle azioni smuovere nel profondo laddove il pensiero razionale non ha avuto presa” scrive Finucci. Così ha deciso di fondare uno Stato, con tanto di bandiera, lingua ufficiale, costituzione e cartoline: “Tanti saluti da Garbage State Patch!” dice una donna sdraiata al sole, su una distesa di bottiglie di plastica.
Il riconoscimento istituzionale di Stato federale è avvenuto In occasione di una cerimonia nella sede parigina dell’Unesco. Qui, per l’occasione, Finucci ha esposto Wasteland, un’installazione formata da migliaia di tappi colorati racchiusi in sacchetti trasparenti. Tra effetti sonori e specchi giganti, sembrava proprio di mettere piede sul Garbage Patch.
A differenza di altri Stati, quello dell’isola di rifiuti, non ha, sfortunatamente, confini definiti: questi “variano continuamente a causa del continuo afflusso di migranti che accrescono la popolazione e il territorio dello Stato”, si legge sul sito. È un territorio ancora in continua espansione, nonostante l’impegno di artisti come Finucci o di associazioni come Plastic Pollution Coalition, un’organizzazione impegnata proprio nella lotta contro l’inquinamento da rifiuti plastici.
La pulizia di queste aree è, infatti, pressoché impossibile, “la plastica – come spiega Moore – non si biodegrada, ma si fotodegrada. Sotto l’effetto del sole si decompone in particelle minuscole, anche molecole, che continuano ad essere polimeri, quindi sempre impossibili da digerire”.
Se al danno fatto non c’è soluzione, non resta che limitarne l’estensione. L’obiettivo di questa campagna artistica, spiega Finucci, non è, però, di “demonizzare la plastica” di per sé stessa, ma di ridare agli oggetti la dignità che, nel tempo, hanno perso: il nemico diventa, così, l’usa e getta.
L’alternativa consigliata da Bruxelles è, invece, il riciclo: per il Commissario per l’ambiente, Janez Potocnik, “la plastica ha un futuro!”. Magari più roseo del suo presente, che vede, su circa 25 milioni di tonnellate di rifiuti plastici raccolti in un anno, solo il 21,3% avviato al recupero.
Finchè esisterà, potremo considerarci tutti un po’ cittadini di Garbage State Patch, visto come “per ogni piccolo pezzo che lo compone, c’è uan persona che lo ha abbandonato nell’ambiente”.
Camilla Tagino
Per saperne di più:
– Sito ufficiale The Garbage Patch State
– Vai alla pagina Facebook
– Plastic Pollution Coalition
– Il racconto di Moore