Bruxelles – Dopo la constatazione delle “gravi carenze” della Grecia nella gestione delle frontiere esterne dell’area Schengen, come previsto, arrivano le raccomandazioni per porvi rimedio. La Commissione europea le ha inviate oggi ad Atene chiedendo uno sforzo che pare a dir poco insostenibile. Soprattutto considerando che Atene, per mettersi in regola, avrà soltanto tre mesi di tempo. Questi sono i tempi previsti dal meccanismo di valutazione Schengen attivato da Bruxelles nei confronti della Grecia. Sulla base di una visita a sorpresa presso i centri di registrazione ellenica, la scorsa settimana l’esecutivo Ue ha concluso che Atene ha “trascurato gravemente i suoi obblighi” di controllo delle frontiere esterne e ora chiede alla Grecia di porvi rimedio.
Per prima cosa, secondo la Commissione, Atene deve rendere più efficienti le procedure di registrazione, garantendo sufficienti risorse in termini di uomini e scanner per la raccolta delle impronte digitali. E poi la Grecia dovrebbe garantire una sistemazione adeguata per tutti i migranti in attesa delle procedure di registrazione. Un compito enorme, considerando che in Grecia, solo nel 2015, sono sbarcati circa 850mila migranti e che le procedure per la richiesta di asilo possono durare fino a 18 mesi. Secondo l’esecutivo Ue, la Grecia dovrebbe anche attivarsi sui ritorni di chi non ha diritto di rimanere e soprattutto pattugliare efficacemente la frontiera esterna più difficile di tutta l’Ue, quella tra Grecia e Turchia. “Questa azione – chiede il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis – deve essere coadiuvata da un numero sufficiente di pattuglie in mare, elicotteri e strutture a terra così che siano intercettate tutte le imbarcazioni, anche quelle più piccole, che tentano di attraversare questo tratto di mare”.
Le raccomandazioni della Commissione devono essere adottate da un comitato degli Stati membri, che delibera a maggioranza qualificata. Poi la Grecia avrà solo tre mesi di tempo per portare a termine i provvedimenti correttivi. Se anche trascorso questo periodo le carenze gravi rimarranno, la Commissione potrà attivare la procedura prevista dall’articolo 26 del codice frontiere Schengen, quello secondo cui il Consiglio può, su proposta della Commissione e per proteggere gli interessi comuni nello spazio Schengen, raccomandare ad uno o più Stati membri di ripristinare i controlli di frontiera per un periodo massimo di due anni. Si tratterebbe insomma di accontentare le richieste dei Paesi che hanno già reintrodotto i controlli alle frontiere (in tutto sei: Austria, Germania, Danimarca, Svezia, Francia e Norvegia) di poterli estendere anche oltre il tempo massimo consentito che, per Austria e Germania scadrà già a maggio.