Bruxelles – Dare vita a un “meccanismo veloce e su larga scala per rimandare indietro i migranti irregolari” che dalla Turchia approdano sulle coste greche. È quanto suggerisce l’Europa ad Ankara per ridurre il volume degli sbarchi sulle coste del vecchio continente. Volume che, nonostante il piano di azione congiunto stipulato tra Bruxelles e Ankara e l’impegno dei Ventotto a mettere a disposizione 3 miliardi di euro, rimane ancora “di gran lunga troppo elevato”. Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk lo ha ribadito al premier turco Ahmet Davutoglu nel corso della sua visita ad Ankara, ultima tappa del tour da Vienna lungo la rotta Balcanica nel tentativo di serrare le fila in vista del summit straordinario di lunedì a Bruxelles proprio con i partner turchi. “Abbiamo concordato”, ha riferito Tusk dopo il bilaterale con Davutoglu, che “servono altre azioni” per ridurre gli arrivi e, anche se “sta alla Turchia decidere come ottenere questa riduzione, per molti nell’Ue il metodo più promettente sembra un meccanismo veloce e su larga scala per rimandare indietro i migranti irregolari che arrivano in Grecia” perché questo “romperebbe efficacemente il modello di business dei trafficanti”.
Tusk ha invece rifiutato di commentare le indiscrezioni secondo cui alcuni governi europei, e in particolare la Germania, vogliono che Ankara riduca a meno di mille il numero di migranti in arrivo ogni giorno come condizione iniziale per cominciare a discutere del programma di resettlment per accogliere migranti direttamente dai campi profughi in Turchia. “Non abbiamo discusso questo tipo di schema”, ha tagliato corto Tusk, secondo cui nemmeno si è parlato di “un numero specifico” per la riduzione degli arrivi. “Lo scopo finale per me è una riduzione totale e l’eliminazione di questo fenomeno che è l’immigrazione illegale”, ha spiegato. Secondo il presidente del Consiglio europeo, comunque, un risultato con la Turchia è già raggiunto, ed è che “abbiamo costruito una vera fiducia” e “questa è la cosa più promettente per il futuro”. Per il resto “serve un po’ di pazienza”: è un “processo molto impegnativo” e “so quanto è difficile per entrambe le parti mettere tutto in atto in poche settimane”, ha concesso Tusk.
Dal canto suo il premier turco ha voluto sottolineare che “non è giusto considerare questo come un problema della Grecia o della Turchia e chiudere i confini”. Parole simili a quelle dette poche ore prima a Tusk da Alexis Tsipras, che Davutoglu spiega di avere sentito telefonicamente. “Vediamo il problema che la Grecia sta affrontando e l’Ue insieme alla Turchia deve risolvere questo problema”, ha dichiarato. L’8 marzo, all’indomani del summit di Bruxelles, ha anche fatto sapere il premier turco, i governi greco e turco si incontreranno a Smirne per affrontare la questione insieme ma anche per “ricordare all’Europa che questo non è un problema solo della Grecia e della Turchia”, siamo di fronte a “una tragedia umanitaria e dobbiamo affrontarla insieme”. Cosa che, secondo Davutoglu, fino ad ora non è accaduta: la Turchia, ricorda, accoglie già 2,7 milioni di rifugiati siriani e centinaia provano ad entrare ogni giorno. “Ora tutti i Paesi del mondo cominciano a vederne le dimensioni”, ha fatto notare ma “da anni – ha lamentato – la Turchia chiede una zona sicura in Siria e non è stata ascoltata”.
“La Turchia – ha rivendicato Davutoglu – è sempre stata molto attiva e sensibile nell’aiutare le vittime di tragedie e oppressione, abbiamo mostrato un’attitudine esemplare” e anche oggi “abbiamo fatto i passi necessari e fronteggiato una migrazione mai vista senza lasciare nessuno affamato e senza rifugio e questo è eroico”.