Bruxelles – Tira un’aria nuova in Ungheria in vista delle elezioni legislative in programma nel 2022. L’economista Péter Márki-Zay, candidato-premier del fronte unito di opposizione, promette battaglia al “sistema quasi imbattibile messo in piedi da Viktor Orbán e dal suo partito Fidesz”. In una conferenza stampa organizzata oggi (giovedì 11 novembre) a Bruxelles dall’eurodeputato socialdemocratico István Ujhelyi, il neo-eletto leader dell’opposizione ungherese ha spiegato perché la sua è “un’alternativa credibile e pulita” e come intende sconfiggere il premier ininterrottamente in carica dal 2010.

“Quello che rappresento è un fronte molto variegato, con visioni politiche diverse”, ha esordito Márki-Zay. “Molto variegato” è un eufemismo, se si considera che tiene insieme una coalizione che va dai conservatori ai socialisti, dai liberali ai verdi, fino all’estrema destra. Per la prima volta nella storia dell’Ungheria i sei partiti di opposizione (il Partito Socialista Ungherese, i verdi di Dialogo per l’Ungheria e di La politica può essere Diversa, la destra nazionalista di Jobbik, i progressisti di Coalizione Democratica e i liberali di Movimento Momentum) si sono accordati nell’organizzare le primarie per eleggere un candidato-premier comune e i candidati dei singoli distretti. “Ciò che ci unisce è il futuro sul breve periodo che vogliamo garantire all’Ungheria”, ha assicurato l’aspirante primo ministro cristiano-conservatore: “Ci guida il rispetto di quattro principi, ovvero democrazia, integrazione europea, economia di mercato e Stato di diritto“.
Nonostante si percepisca che il progetto manchi inevitabilmente di un respiro sul lungo periodo (soprattutto per l’estrema eterogeneità delle componenti della coalizione), Márki-Zay si è mostrato sicuro del fatto che il suo programma può funzionare. Questo perché “include misure di compromesso tra tutte le forze politiche, come quelle sull’implementazione delle fonti di energia rinnovabile, sui programmi sociali per i cittadini poveri e sulla lotta alla corruzione”. L’attuale sindaco della piccola città di Hódmezővásárhely ha definito la proposta del fronte unito di opposizione a Orbán “una ribellione contro la dittatura della corruzione e dell’odio contro le minoranze“.
In caso di vittoria Márki-Zay ha chiarito che “cancelleremo le leggi omofobe volute da Fidesz e legalizzeremo i matrimoni tra persone dello stesso sesso“, perché “non è tollerabile la criminalizzazione dell’omosessualità, come invece sta facendo Orbán”. Il candidato-premier alle prossime elezioni in Ungheria non ha fatto nulla per nascondere il suo orientamento conservatore (“personalmente sono contrario all’aborto e al divorzio, ma non mi sognerei mai di renderli illegali in uno Stato laico”) e ha rivendicato di non aver “mai cambiato le mie posizioni politiche, Orbán invece ha continuato a farlo”.
Ed è qui che si inserisce l’attacco frontale all’attuale premier ungherese: “Non solo ci ha trasformato in uno Stato corrotto, ma anche nel secondo Paese più povero nell’UE”. Il leader dell’opposizione ha parlato di “una dittatura”, dove “lo Stato di diritto non esiste più, i giudici non sono indipendenti, non c’è libertà di stampa e il governo usa uno spyware israeliano contro politici, giornalisti e cittadini ungheresi“. Il Paese ha bisogno di “una nuova Costituzione, su cui chiederemo un referendum popolare”, ha aggiunto Márki-Zay.

Incalzato dalla stampa di Bruxelles, il candidato-premier ha voluto rassicurare sul suo “forte e indiscutibile impegno” e dell’Ungheria verso l’Unione Europea, nel caso vincesse le elezioni: “Siamo uno dei Paesi membri più europeisti, nonostante Orbán, e l’80 per cento dei cittadini supporta il progetto di un’Unione più forte“. La soluzione ai problemi comuni è “più Europa, non meno Europa”, e a proposito della questione dell’erogazione dei fondi del Next Generation EU all’Ungheria, Márki-Zay ha chiesto a Bruxelles di “bloccare tutti i finanziamenti che potrebbero finire nelle mani della cerchia di Orbán, ma non punire l’intero Paese”. In altre parole, “ci serve il supporto economico per la ripresa, a prescindere dal governo, ma bisogna fare attenzione che questi fondi non vengano usati per motivi politici”.
In chiusura, parlando di politica nazionale ed europea, dalle parole del leader della coalizione è emersa una posizione che rischia di creare fratture tra i sei partiti su uno dei temi più delicati del momento: quello della gestione dei confini e della migrazione. “Il controllo delle frontiere deve essere una priorità dell’Europa, non può essere lasciato in mano a Orbán”, ha spiegato Márki-Zay, che ha però messo in chiaro che “non abbatteremo i muri già costruiti, è una cosa che la maggioranza dei cittadini supporta e anche io credo che la difesa dall’immigrazione illegale sia necessaria”. Come emerso dal dibattito in Parlamento sulla crisi migratoria nella vicina Polonia, la questione delle barriere di confine è particolarmente divisiva tra socialdemocratici e popolari. Ma per l’opposizione in Ungheria, alla vigilia delle “prime elezioni in cui ci sono reali possibilità di sconfiggere Fidesz”, prima di ogni altra cosa conta mandare a casa il primo ministro Orbán.