Bruxelles – La semplificazione arriva anche nel settore della difesa. La Commissione europea ha presentato la sua proposta per chiarificare (e se possibile snellire) il quadro normativo che essa stessa ha messo in piedi fin qui, per permettere a Stati membri e aziende di muoversi più agilmente e con maggiore prevedibilità in un ambito che, dati i nuovi venti geopolitici, è diventato di prioritaria importanza.
A presentare il nuovo pacchetto Omnibus, il quinto, sono stati oggi pomeriggio (17 giugno) tre commissari dall’Eurocamera di Strasburgo: la vicepresidente esecutiva Henna Virkkunen, responsabile della Sovranità tecnologica, la Sicurezza e la Democrazia, il titolare dell’Economia Valdis Dombrovskis e quello della Difesa e dello spazio Andrius Kubilius.
L’obiettivo è sempre lo stesso: stimolare la spesa in difesa negli Stati membri per fare in modo che l’Unione sia in grado a rispondere tempestivamente alle crisi, in un contesto in cui la sicurezza continentale si sta rapidamente deteriorando. Il quadro normativo, quello del Libro bianco per la difesa e la preparazione (che Eunews ha tradotto in italiano), presentato lo scorso marzo.

“Stiamo riducendo la burocrazia per aiutare gli Stati membri e l’industria ad agire più rapidamente, investire in modo più intelligente e rafforzare la nostra deterrenza collettiva”, ha dichiarato Virkkunen. Una chiarificazione delle regole attuali – ad esempio su concorrenza, fusioni aziendali, aiuti di Stato, ambiente, prodotti chimici e categorie di armi proibite – da accompagnare, ove possibile, a un’opera di allargamento delle maglie normative (o deregulation, che dir si voglia) tesa ad accelerare gli investimenti nel settore, sia pubblici sia privati, e a facilitare l’accesso ai finanziamenti comunitari.
Tra le altre cose, il pacchetto presentato oggi introdurrà dunque un regime di autorizzazione accelerato per i progetti relativi alla difesa, per ridurre la durata del processo a 60 giorni (attualmente, un’autorizzazione può metterci anche diversi anni ad arrivare). Dovranno essere agevolati anche gli appalti congiunti nel quadro del fondo Safe da 150 miliardi di euro, mirando anche all’accelerazione dei trasferimenti transfrontalieri di prodotti per la difesa.
Allo stesso modo, si punterà a ridurre gli oneri amministrativi per richiedenti e partecipanti del Fondo europeo per la difesa (Edf nell’acronimo inglese), la partecipazione al quale sarà agevolata anche per enti e aziende ucraini per procedere sulla strada dell’integrazione dell’industria militare di Kiev con quella a dodici stelle. Infine, andrà migliorato l’accesso ai finanziamenti europei semplificando i criteri di ammissibilità.

Per Dombrovskis, si tratta di “liberare l’enorme peso economico dell’Europa” per mettere in campo “una capacità industriale e tecnologica della difesa” e anche, in prospettiva, “scoraggiare potenziali minacce” provenienti dall’esterno.
Sul mutamento irreversibile dell’architettura della sicurezza continentale ha speso qualche parola anche Kubilius. L’Ue “non è in guerra”, assicura, ma “non siamo più in pace”. E dunque non si può più ragionare con una mentalità che andava bene per i tempi di “pace assoluta”. Cita i rapporti di intelligence di svariati Paesi membri (baltici e scandinavi in testa), secondo cui “la Russia avrà la capacità di lanciare un attacco nei prossimi tre o cinque anni contro un Paese Nato o un Paese Ue“.
“Non vogliamo essere allarmisti – sottolinea – ma dobbiamo agire in base a come il mondo è e non in base a come vorremmo che fosse“. “L’unico modo per garantire la pace europea è assicurarci di essere pronti a difenderci in modo credibile e rapido”, riflette. Si vis pacem, para bellum.