Bruxelles – Prima tegola in vista del vertice Nato in programma all’Aia dal 24 al 26 giugno. In una lettera indirizzata al segretario generale dell’Alleanza atlantica, il premier spagnolo Pedro Sanchez ha annunciato che la Spagna respingerà la richiesta di aumentare le spese per la difesa fino al 5 per cento del Pil, bollandola come “irragionevole e controproducente”.
Nella lettera, visionata da Eunews, Sanchez previene Mark Rutte sul fatto che Madrid “non potrà impegnarsi a raggiungere un obiettivo di spesa specifico in termini di Pil in occasione di questo vertice”. D’altronde la Spagna, a lungo fanalino di coda dell’Alleanza (gli ultimi dati disponibili relativi al 2024 indicano una spesa dell’1,3 per cento del Pil per la difesa), ha annunciato solo lo scorso aprile che intende raggiungere il target di riferimento del 2 per cento entro la fine dell’anno. Ed anzi, il premier socialista sottolinea che “negli ultimi anni (la Spagna, ndr) è stato il quarto Paese della Nato con il più alto aumento medio annuo della spesa per la difesa”.
Il ritorno di Trump alla Casa Bianca, le minacce di disimpegno dall’Europa, il perdurare della guerra d’invasione della Russia in Ucraina, hanno convinto Rutte ad alzare l’asticella dei 32 Paesi dell’Alleanza militare nordatlantica. Ma secondo Sanchez la cifra che è stata richiesta esplicitamente Washington – e che dovrebbe essere inserita nella dichiarazione finale del summit – “non è necessaria per adempiere ai nostri impegni nei confronti dell’Alleanza” e “non ha nulla a che vedere con il livello di impegno nella difesa collettiva”.

La Spagna ha calcolato che una spesa nazionale del 2,1 per cento “sarà sufficiente per acquisire e mantenere tutto il personale, le attrezzature e le infrastrutture richieste dall’Alleanza”. Alcuni “dovranno raggiungere il 5 per cento del loro Pil, altri meno – insiste Sanchez -, e tale asimmetria dovrebbe essere rispettata con ogni mezzo, perché è insita nei principi operativi stessi della Nato”.
C’è un’altra ragione alla base del ‘no’ di Madrid: tale livello di spesa militare “sarebbe incompatibile con il nostro Stato sociale e la nostra visione del mondo“, mette in chiaro Sanchez. Per la Spagna, “come per altri Paesi Nato”, raggiungere il 5 per cento del Pil “sarà impossibile a meno che non si paghi il prezzo di un aumento delle tasse per la classe media, di tagli ai servizi pubblici e alle prestazioni sociali per i cittadini e di una riduzione dell’impegno a favore della transizione verde e della cooperazione internazionale allo sviluppo”. Sacrifici che, “in quanto alleato sovrano”, la Spagna “sceglie di non fare”.
In chiusura alla lettera, Sanchez suggerisce a Rutte di adottare una formula più flessibile – o di escludere Madrid – per evitare la figuraccia di dover rinunciare alla dichiarazione finale del vertice. Una formula “che riconosca il percorso di ciascun alleato per raggiungere i rispettivi obiettivi di capacità e renda facoltativo l’obiettivo di spesa, oppure che escluda la Spagna dall’applicazione dell’obiettivo di spesa”. Sanchez ha scoperchiato il vaso di Pandora, ed ora Rutte deve sperare che altri governi nazionali non rivendichino le stesse legittime eccezioni.