Bruxelles – È una fotografia in chiaroscuro quella che fa l’esecutivo comunitario dello Stato di diritto in Ue, attraverso il suo rapporto annuale pubblicato oggi. Accanto ai miglioramenti registrati in diversi Stati membri, si evidenziano anche diversi ritardi e, in alcuni casi, degli arretramenti. L’Ungheria rimane la pecora nera del club a dodici stelle, mentre l’Italia non porta a casa progressi particolarmente encomiabili.
La Commissione ha pubblicato oggi (8 luglio) la sua sesta relazione sulla salute dello Stato di diritto nell’Unione, e a presentarla ai giornalisti ci hanno pensato la vicepresidente esecutiva Henna Virkkunen, con delega alla Democrazia, e il titolare della Giustizia Michael McGrath. Da Strasburgo, dove si riuniva il Collegio in concomitanza con la plenaria dell’Europarlamento, i due membri del von der Leyen bis hanno illustrato i principali risultati della rilevazione, che per il secondo anno di fila include anche alcuni Paesi candidati all’adesione: Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia.
Il rapporto annuale è il cardine del cosiddetto ciclo dello Stato di diritto, un dialogo che la Commissione intrattiene con le cancellerie per monitorare e incoraggiare il rispetto delle garanzie democratiche, delle libertà civili e dei diritti fondamentali all’interno dell’Unione mirando così a prevenire l’insorgere di problemi o l’aggravarsi di quelli esistenti.

Si tratta, sottolinea McGrath, di “uno strumento preventivo“, che dovrebbe servire a impedire l’attivazione di altri metodi più duri come le sanzioni ex articolo 7 (che possono portare alla sospensione dei diritti di voto di uno Stato membro in seno al Consiglio) o il congelamento dei fondi europei nel quadro del meccanismo di condizionalità. Entrambi strumenti attualmente in uso nei confronti dell’Ungheria di Viktor Orbán, con oltre 18 miliardi di euro destinati a Budapest bloccati dal Berlaymont per la violazione di una lunga serie di norme comunitarie.
“La promozione e la protezione dello Stato di diritto rappresentano una priorità assoluta”, ha dichiarato Virkkunen, notando che “le nostre democrazie sono sotto attacco” e ammonendo circa il fatto che “non possiamo dare per scontato che lo Stato di diritto sia in buona salute” in tutti i Ventisette. Nonostante si riscontrino tendenze positive in molti Stati membri, ha ammonito la vicepresidente, in tutta l’Unione si registra “una forte polarizzazione e una pressione sulle istituzioni democratiche“.
Quattro le principali dimensioni analizzate dall’esecutivo comunitario: il sistema giudiziario, le normative anticorruzione, la libertà dei media e i meccanismi di pesi e contrappesi democratici. In più, nell’edizione 2025, Bruxelles ha adottato un focus specifico sul mercato unico poiché, spiega McGrath, “l’Ue è sinonimo di certezza giuridica, che porta con sé stabilità economica e prosperità”, spingendosi a definire lo Stato di diritto come il “vantaggio competitivo” del Vecchio continente.
La Commissione cerca comunque di vedere il bicchiere mezzo pieno. “Vediamo progressi costanti“, nota Virkkunen, sottolineando che “oltre la metà delle raccomandazioni contenute nel rapporto del 2024 sono state applicate in pieno o in parte”. Ma persistono dei problemi, ammette, soprattutto per quanto riguarda le intromissioni del potere politico nell’ambito della giustizia, un insufficiente contrasto alla corruzione, le carenze nella tutela dei giornalisti e le pressioni esercitate sulla società civile.

Soprattutto in alcuni Stati membri, le riforme procedono ad un ritmo troppo lento, mentre in altri si sono addirittura compiuti dei passi indietro. Le risorse destinate ai sistemi giudiziari sono spesso sottodimensionate, con evidenti ripercussioni sulla qualità e l’efficienza dei procedimenti. L’indipendenza dei giudici e l’influenza indebita proveniente dal mondo politico, invece, sembrerebbe un problema soprattutto nei Paesi dell’allargamento.
Per quel che riguarda i quadri normativi anticorruzione, sette Stati membri hanno messo in atto nuove strategie basate sulle rilevazioni del rapporto 2024, ma, fanno sapere fonti del Berlaymont, sono ancora necessarie ulteriori azioni in vari ambiti inclusi il lobbying e la regolamentazione del conflitto di interessi.
L’esecutivo comunitario vuole vedere dei progressi, tanto negli Stati membri quanto nei Paesi candidati, anche sul versante della libertà e del pluralismo dei media. Soprattutto, notano i funzionari della Commissione, rispetto alla protezione dei cronisti e alla trasparenza in materia di finanziamenti pubblici ma anche all’indipendenza del servizio pubblico nonché di alcune autorità di regolamentazione del settore.
Diverse cancellerie tra i Ventisette stanno allineando le proprie legislazioni alle norme europee contenute nel Media freedom act, ma non è sempre sufficiente. L’eurodeputato del Pd Sandro Ruotolo denuncia una situazione preoccupante in diversi Stati membri: “A Cipro, la bozza di legge in discussione facilita lo spionaggio ai danni dei giornalisti“, sostiene, mentre “in Slovacchia è in discussione la libertà di stampa” e in Ungheria “manca del tutto la volontà politica”.

Sulla salute della democrazia magiara Virkkunen esprime “serie preoccupazioni“, dato che solo in un settore tra quelli indicati dalla Commissione si sono registrati miglioramenti. Budapest ha all’attivo diverse cause alla Corte di giustizia Ue, ha ricordato la vicepresidente (ad esempio quella sulla controversa legge sulla tutela dei minori), mentre McGrath – che ha da tempo nel mirino lo scivolamento democratico in atto nel Paese mitteleuropeo, definito un anno fa “un problema sistemico” dal suo predecessore Didier Reynders – ribadisce per l’ennesima volta come l’esecutivo comunitario sia “pronto a prendere ulteriori azioni” nel caso in cui la situazione peggiori ulteriormente.
E l’Italia? Il rapporto della Commissione segnala qualche debole progresso, ad esempio sugli appalti pubblici, ma sulla strada delle riforme Roma sembra arrancare. Rimane un “problema grave“, tra le altre cose, la durata dei processi e l’arretratezza tecnologica dell’intero sistema giudiziario, mentre non si registrano sostanziali passi in avanti sull’emittente pubblica Rai. Inoltre, affonda Ruotolo, il Belpaese “è sceso al 49esimo posto nella libertà di stampa, tre posizioni in meno rispetto allo scorso anno, secondo Reporters sans frontières“. Soprattutto, continua, “quattro giornalisti italiani sono stati spiati illegalmente” attraverso uno spyware di Paragon, la controversa società israeliana che opera con fondi statunitensi.
In generale, le riforme procedono anche nell’ambito dei pesi e contrappesi, propri dell’impalcatura costituzionale liberal-democratica, ad esempio attraverso una maggiore apertura del processo legislativo alle parti interessate della società civile. Ma ci sono ancora incertezze giuridiche dovute, ad esempio, a quadri normativi instabili nonché a restrizioni eccessive (o protezioni inadeguate) per le organizzazioni della società civile.
I funzionari della Commissione sottolineano, infine, alcuni sviluppi relativi ai singoli Stati membri. Per quanto, ad esempio, ci siano ancora molti progressi da fare in Slovacchia, il dialogo con le autorità di Bratislava è giudicato “intenso ma positivo“. Nel caso della Spagna, è centrale il regime anticorruzione ma manca ancora una strategia complessiva e la revisione del codice legislativo è tutt’ora in corso. Quanto a Varsavia, dove il governo europeista di Donald Tusk si è impegnato a rimettere in carreggiata lo Stato di diritto dopo gli otto anni in cui il PiS ha preso a picconate la democrazia polacca, vengono notati gli sforzi positivi ma in diversi casi le misure implementate non sono state sufficienti o non hanno attecchito.











![[foto: Mattia Calaprice/Wikimedia Commons]](https://www.eunews.it/wp-content/uploads/2025/12/Imagoeconomica_1783367-120x86.jpg)