Bruxelles – Le posizioni degli Stati membri e i documenti preparatori alle decisioni del Consiglio Ue devono essere resi pubblici. Lo chiede la ombudsman (la Garante dei cittadini) europea Emily O’Reilly, che ha invitato il Consiglio Ue ad una maggiore trasparenza, unico metodo, a suo dire, in grado di ridurre la cultura della “colpa di Bruxelles” e fermare l’avanzata dei populismi. “Se i cittadini non sanno quali decisioni prendono o hanno preso i loro governi mentre stabiliscono le leggi dell’Ue, la cultura della ‘colpa di Bruxelles’ continuerà – ha dichiarato O’Reilly -. I cittadini europei hanno il diritto di partecipare all’elaborazione di leggi che li riguardano, ma per farlo hanno bisogno di maggior chiarezza da parte dei loro governi a Bruxelles”.
Da un’indagine commissionata dal difensore civico europeo nel marzo 2017 sul livello di trasparenza del Consiglio Ue, è emerso che l’istituzione “mina il diritto dei cittadini di tenere conto dei loro rappresentanti eletti”, in quanto “nella maggior parte dei casi non è permesso che i cittadini Ue siano informati sulle decisioni e le questioni trattate dal Consiglio”. L’inchiesta, oltre ad aver rilevato che i ministri europei riuniti non registrano le posizioni dei Paesi membri in maniera sistematica, ha anche messo in luce che il Consiglio fa un uso smodato della classificazione “Limite” (non pubblicabile) sui documenti redatti.
“L’approccio – ha osservato l’Ombudsman – non è all’altezza di quanto ci si aspetta dal Consiglio in termini di trasparenza legislativa civica”. Emily O’Reilly ha richiesto al Consiglio di registrare con costanza le posizioni delle nazioni europee nei gruppi di lavoro e nelle riunioni, e di rendere tali testi “disponibili al pubblico in modo tempestivo”.
Secondo le proprie regole interne, il Consiglio – per ora – non può pubblicare in maniera tempestiva le posizioni degli Stati membri, anche se una sentenza della Corte di giustizia europea nel 2011 ha affermato che dovrebbe consentire il pubblico accesso alle proposte o agli emendamenti dei Paesi.
O’Reilly sta sollecitando l’istituzione a stabilire dei criteri chiari e resi noti, sull’uso dello status di “Limite” sui testi, che il Consiglio ora utilizza come opzione predefinita, pratica che un consulente legale del parlamento olandese, Pieter Omtzigt, ha definito “illegittima”, in una opinione alla Camera dei Paesi Bassi, sempre del marzo 2017, perché “incompatibile con la legge europea sulla trasparenza”. L’ombudsman ha specificato che vuole una risposta dal Consiglio Ue entro il prossimo maggio. “Rendere il processo legislativo dell’Ue più responsabile nei confronti dei cittadini, rendendolo più aperto – ha chiarito O’Reilly – invierebbe un segnale importante in vista delle elezioni europee del 2019”.