Bruxelles – “La nostra lotta è per la pace, la democrazia, la libertà e la dignità umana. Non è una rivoluzione geopolitica, non è contro la Russia o a favore dell’Ue. È una rivoluzione democratica per la Bielorussia“. Con queste parole la leader dell’opposizione bielorussa Sviatlana Tsikhanouskaya ha aperto il suo intervento davanti agli eurodeputati della commissione per gli Affari esteri. Mostrando una fotografia aerea della manifestazione di Minsk di ieri (domenica 20 settembre), la donna riconosciuta dal Parlamento Europeo come presidente eletta con la risoluzione di giovedì scorso si è soffermata sul valore di quella che è stata definita una ‘rivoluzione gentile’: “Quando guardate tutte queste persone, dovete capire che abbiamo vissuto per 26 anni sotto un regime dittatoriale, ma finalmente il popolo bielorusso si è svegliato. Da 7 settimane scendiamo in strada per protestare contro una persona che si è accaparrata il potere: l’usurpatore Alexander Lukashenko“.
“Le nostre proteste pacifiche hanno però avuto come risposta la violenza e la repressione“, ha continuato Tsikhanouskaya con tono pacato ma deciso. “Nelle prigioni si verificano torture e violenze sessuali, io stessa ho sentito le loro voci e non le potrò mai dimenticare. Alcuni sono stati uccisi perché desideravano vivere in un Paese libero. Tutto questo sta succedendo nel 2020, nel cuore del continente europeo”. Sulla figura di Lukashenko, invece, la leader dell’opposizione si è soffermata solo brevemente, per ricordare che la speranza del presidente è quella che le proteste vadano scemando. “Ma continueranno per mesi, anche per anni se necessario. I bielorussi non saranno più ostaggio del regime di Lukashenko”.
Ricordando che le proteste in Bielorussia sono già diventate “un esempio per come lottare per i diritti civili, un movimento pacifico trasversale e guidato da donne“, Tsikhanouskaya si è infine soffermata sulle richieste del Consiglio di coordinamento dell’opposizione bielorussa al Parlamento Europeo: “È ora di imporre le sanzioni contro i colpevoli delle irregolarità elettorali e delle violenze sui manifestanti. La risoluzione del Parlamento è stata una delle decisioni più importanti per la storia della Bielorussia moderna, ma ora guidate un coordinamento internazionale per sostenere la società civile bielorussa“. Procedure penali contro gli autori di crimini e violenze sessuali, esclusione delle associazioni vicine a Lukashenko dagli aiuti Ue, cooperazione con osservazioni internazionali per elezioni libere e democratiche: questi gli ulteriori passi avanti proposti da Tsikhanouskaya agli eurodeputati.
“Tutti i Paesi devono rispettare l’autonomia della Bielorussia e non interferire. Ma sostenere il volere democratico di elezioni libere non è interferenza“, ha aggiunto. E in chiusura un appello lucido all’Unione Europea: “Abbiamo bisogno del vostro aiuto. Siate compatti e coraggiosi nelle vostre risoluzioni”.
Belarus' "democratic revolution" will continue for years if necessary, says defiant Sviatlana Tsikhanouskaya in Brussels @Europarl_EN @EP_ForeignAff #BelarusProtest pic.twitter.com/j3VCevHyhX
— Georg von Harrach (@georgvh) September 21, 2020
Il confronto in commissione
In apertura di incontro il presidente della commissione, David McAllister, ha ricordato la posizione del Parlamento Europeo: “Respingiamo il risultato delle elezioni presidenziali del 9 agosto e non riconosceremo Lukashenko alla scadenza del suo mandato. Per noi anche Lukashenko è tra i responsabili delle violazioni e dovrebbe essere oggetto di sanzioni“. Il presidente ha inoltre espresso la condanna della commissione per la repressione violenta delle manifestazioni in corso, “incluse quella dello scorso settimana, in particolare durante la marcia delle donne di sabato”.
Presentando gli ospiti bielorussi (oltre a Sviatlana Tsikhanouskaya, anche Olga Kovalkova presente a Bruxelles e Pavel Latushka, in collegamento dall’esilio in Polonia), McAllister ha fatto riferimento al fatto che “il loro sacrificio è di ispirazione per molti, sia in Bielorussia che all’estero. Sono la voce della maggioranza dei bielorussi“.
Arrivata di fronte agli eurodeputati dall’esilio in Polonia, Kovalkova ha puntato il dito contro il presidente bielorusso: “Considera ormai l’Occidente come un nemico e si sta avvicinando sempre di più al Cremlino. È impossibile fargli opposizione, perché non riesce a dialogare con il suo popolo“. La soluzione per la dissidente bielorussa è solo una: le dimissioni. “Anziché ascoltare i cittadini, ha deciso di schiacciare la protesta, non fermandosi neanche davanti a donne anziane o incinte. La popolazione è con noi, serve un movimento politico che smuova la situazione al potere”. Perciò per Kovalkova è necessario il supporto di tutta l’Europa: “Vi chiediamo una reazione immediata, soprattutto con sanzioni. La Bielorussia deve essere all’ordine del giorno di tutti i vostri parlamenti“.
In videoconferenza Latushka ha invece snocciolato un po’ di numeri sulla situazione in Bielorussia: “Dal 9 agosto si sono registrati 1.800 casi di violenza da parte delle forze dell’ordine. Sono più di 250 i prigionieri politici. Solo alla marcia delle donne di sabato 19 settembre sono state arrestate 423 donne e ragazze. Per la prima volta nel 21° secolo abbiamo casi di profughi dalla Bielorussia”. Latushka ha poi sollecitato il Parlamento con una provocazione acuta: “Immaginate di trovarvi in un bar a Parigi, su una pista da sci in Austria o su una spiaggia in Spagna affianco a un poliziotto che ha fatto violenza su una donna, che ha preso a manganellate un ragazzino o ha sparato un colpo verso un giornalista. Vi piacerebbe sapere che vostri fondi finiscono in questo regime?” Ecco perché “serve un Piano Marshall per la Bielorussia, ma non che vada a sostenere il regime di Lukashenko”.
Il sostegno degli europarlamentari si è fatto sentire dai socialisti ai popolari, fino ai verdi. Sandra Kalniete (Ppe) ha parlato di sostenere “con vigore le sanzioni ai responsabili, compreso Lukashenko”, mentre Hilde Vautmans (Renew Europe) si è scusata a nome del Parlamento “per non aver supportato la Bielorussia qualche mese fa, quando avremmo potuto”. Viola von Cramon-Taubadel (Verdi) ha proposto di ospitare un rappresentante del consiglio dell’opposizione bielorussa a Bruxelles, mentre Anna Bonfrisco (Identità e Democrazia) ha ricordato che “l’interesse geopolitico di pochi non deve prevalere sui diritti fondamentali dei bielorussi”.
🗣🇪🇺Today I ask the #Belarus opposition to hold on, continue the brave fight for democratic change and continue voicing the legitimate demands of the people. This democratic revolution will not happen overnight. But rest assured that we will stand by you as long as it takes. ⚪️🔴 pic.twitter.com/gE4RO34545
— Hilde Vautmans (@hildevautmans) September 21, 2020
Scontro con l’Occidente
In vista degli incontri a Bruxelles di Tsikhanouskaya con i ministri degli Esteri Ue, con il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, e con gli eurodeputati della commissione per gli Affari esteri, il portavoce del ministero degli Esteri bielorusso, Anatoly Glaz, ha attaccato l’Unione Europea: “Naturalmente sarebbe divertente e ridicolo, se non fosse così triste. È che tali azioni, se si verificano, vanno considerate come un’interferenza sfacciata negli affari interni del nostro Paese e una totale mancanza di rispetto per i suoi cittadini”.
Nella giornata di ieri (domenica 20 settembre ) anche la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, si è espressa contro le iniziative di oggi dell’Unione Europea: “Fingendo di avere a cuore i cittadini bielorussi, l’Ue sta effettivamente cercando di decidere per loro. Ancora una volta notiamo che preferisce non parlare di una riforma costituzionale che aiuti ad avviare un dialogo a livello nazionale in quel Paese”, ha affermato. E ha poi ribadito il concetto in maniera ancora più netta: “I ministeri degli Esteri dell’Ue flirtano con l’autoproclamata rappresentante dell’opposizione bielorussa e la invitano a Bruxelles per una chiacchierata. Questa è una diretta violazione delle norme fondamentali della Carta delle Nazioni Unite“.
Settima domenica di proteste
Intanto, per la settima domenica consecutiva dalle elezioni del 9 agosto scorso, decine di migliaia di bielorussi sono scesi in strada a Minsk e in altre città bielorusse per protestare contro la rielezione del presidente Alexander Lukashenko. Come le altre domeniche, vestiti coi colori dell’opposizione (la bandiera bianco-rosso-bianca), i manifestanti hanno sfilato per il centro in direzione del Palazzo dell’Indipendenza, residenza del presidente.
Il giorno prima (19 settembre) si è tenuto invece un altro tradizionale corteo dei sabati post-elezione, la marcia delle donne. La protesta si è conclusa però a metà pomeriggio con centinaia di fermi e arresti: le forze dell’ordine, senza mostrine e con i volti coperti dai passamontagna, non hanno risparmiato la mano pesante nei confronti delle manifestanti, come mostrato da alcuni video pubblicati dal sito indipendente bielorusso Tut.by. Diverse donne sono state trascinate e strattonate dagli agenti, per poi essere caricate sulle camionette: anche la 73enne Nina Baginskaya, una delle veterane delle proteste, è stata portata via dalla polizia. Secondo l’Unione dei giornalisti bielorussi, tra i fermati ci sarebbe anche una reporter, Yulia Volchok.
https://twitter.com/tutby/status/1307322384723120128?s=20
La risposta alla repressione delle forze dell’ordine si è scatenata con la pubblicazione dei dati personali di 1.003 membri delle forze di polizia da parte di un gruppo di hacker: cognomi, nomi, date di nascita, unità in cui prestano servizio, gradi e posizioni. “Mentre gli arresti continuano, noi continueremo a pubblicare dati su vasta scala”, si legge in un comunicato diffuso dal canale di notizie dell’opposizione Nexta Live su Telegram. “Nessuno rimarrà anonimo nemmeno sotto un passamontagna”. La portavoce del ministero degli Interni bielorusso, Volha Chamadanava, ha dichiarato che presto verranno puniti i responsabili: “Le forze, i mezzi e le tecnologie a disposizione degli organi per gli Affari interni rendono possibile identificare e perseguire la stragrande maggioranza dei colpevoli per la fuga di dati personali su Internet”.